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La Vita Contemplativa

La nostra comunità monastica è composta da sorelle provenienti da regioni e nazioni diverse: consacrate all'amorosa e dolce contemplazione di Dio sulle orme di Chiara e Francesco d'Assisi annunciamo, attraverso il sigillo fecondo e inclusivo della preghiera, ciò che il Padre - per mezzo del Figlio nello Spirito Santo - compie con il suo amore e la sua bontà.

Chiamate a vivere quella che è l'avventura più esaltante che ogni uomo è deputato a compiere, ovvero la ricerca del volto di Dio, riconosciamo di essere figlie amate, in continuo divenire, chiamate ad elevare la propria umanità come offerta a Dio e al prossimo perch&eagrave "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".

Il cuore della consacrazione è nel legame con Cristo che non smette mai di invocare il nostro nome mantenendo viva la fiaccola grazie alla quale siamo chiamate ad essere la memoria vivente del Risorto che, avendo eseguito azioni visibili e concrete, chiede che venga fatto altrettanto: "vi ho dato un esempio, infatti, perchè anche voi facciate come io ho fatto a voi."

All'interno di questa dimensione teologale rinnoviamo la nostra consegna a Dio attraverso la concretezza della quotidianità che dona di assumere, gradualmente, l'identità peculiare della vita monastica scandita dalla preghiera e dal lavoro. Inoltre, essendo Clarisse "eremite" trascorriamo gran parte della giornata in silenzio e solitudine.

 

- Ore 7.00 Lodi comunitarie

- Ore 7.30 - 9.30 LECTIO DIVINA (in solitudine)

- Ore 9.30 - 11.00 Faccende domestiche

- Ore 11.00 SANTA MESSA

- Ore 11.45 Ora Sesta comunitaria

- Ore 12.00 Pranzo comunitario

- Ore 14.00 - 16.00 Silenzio da trascorrere in cella

- Ore 16.00 - 17.30 Lavoro manuale

- Ore 17.30 - 18.30 Tempo per lo studio (in solitudine)

- Ore 18.30 Vespri comunitari

- Ore 19.00 - 20.00 Adorazione Eucaristica

- Ore 20.00 Cena

- Ore 21.30 Inizio del grande silenzio fino alle 9.30 dell'indomani.

L'Ufficio delle Letture, Ora Terza, Ora Nona e Compieta sono celebrate privatamente.

 

 

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Il Monastero : Uno Spazio di incontro

Quando lo spitiro prende forma

Che cosa rende identificabile un "monastero"? Un insieme di edifici? La presenza di una chiesa? Il chiostro? La sala capitolare? Il refettorio? La biblioteca? Le celle? L'insieme di tutti questi elementi? Eppure non sempre li troviamo presenti simultaneamente in un monastero. [...]

Diciamo che, al di là della soluzione architettonica adottata, la condizione indispensabile affinché un complesso di edifici venga percepito come monastero è che vi si possano cogliere elementi di "vita" in senso forte: energie sviluppate da persone concrete, ma anche tracce, elementi che parlino di un'esistenza "piena di senso" in quel preciso luogo o testimonianze che lo è stata in una determinata epoca.

Qualcuno potrà definire questo luogo uno "spazio in cui l'amore può circolare", in cui le varie presenze - di strutture, come di persone - sono compaginate attorno ad una ricerca di libertà interiore.

Qualcuno potrà definire questo luogo uno "spazio in cui l'amore può circolare", in cui le varie presenze - di strutture, come di persone - siano compaginate attorno ad una ricerca di libertà interiore.

Non a caso Chiara nella sua Regola parla non solo della correzione fraterna, ma soprattutto "dell'unità dell'amore mutuo e della pace" (RegCh, IV, 22), e dice chiaramente che le sorelle possano "tranquillamente manifestare le une alle altre le proprie necessità. Perchè se la madre ama e nutre la figlia sua carnale, con quanto maggiore amore deve la sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale?" (RegCh, VIII, 15-16), quindi della custodia dell'amore fraterno tra le sorelle. In questo senso si può accostare l'architettura di una regola monastica - l'insieme e l'ordinamento delle sue disposizioni, l'accento dato all'uno o all'altro aspetto della vita comune, le motivazioni di fondo che determinano le varie norme - con l'architettura di un monastero, la sua disposizione spaziale, il ruolo attribuito a muri e spazi comuni, il gioco di aperture e chiusure, il convergere di cammini e la salvaguardia di ambiti particolari: gli edifici stessi condizionano infatti la qualità della vita al loro interno. Come una comunità pensa degli spazi ben precisi, gli spazi a loro volta condizionano e costruiscono la comunità monastica. Un monastero nasce quando una comunità avverte l'esigenza di dare "vita" a un nuovo spazio per la carità fraterna.

Sia che si tratti di impiantazioni in Paesi o diocesi dove erano assenti, o di nuove forme di vita monastica che cercano il contesto più favorevole per incarnarsi in un luogo e in un tempo, o ancora di comunità già insediate in monasteri di grande prestigio che avvertono il bisogno di abitare spazi più adeguati alla loro identità, le domande che stanno alla base del progetto architettonico sono spirituali. Quale volto concreto dare al monastero? Quale immagine si desidera che traspaia della via al suo interno? Da tali interrogativi scaturiscono decisioni capaci di plasmare la geografia di un luogo e di progettare l'edificazione o il cambiamento non solo di un monastero, ma di una comunitè. Una tradizione occidentale definisce i monaci "amator loci", "amanti del luogo": proprio coloro che lasciano "casa, famiglia e campi" per seguire il Signore Gesù nel celibato e nella vita comune si sono sovente rivelati capaci - anche ai nostri giorni - di strappare terreni alla boscaglia, di terrazzare pendii scoscesi, di edificare monumenti alla bellezza, spazi di silenzio avvolti dalla natura e dalle sapienti mani dell'uomo.

A questo riguardo basti vedere quanto è stato fatto dal 1963 fino ai nostri giorni per trasformare, riedificare, ripensare questo monastero. Infatti, proprio coloro che cercano di scrutare l'invisibile possono diventare maestri del visibile, coloro che anelano alla patria celeste rendono servizi più umili alle quotidiane realtà terrene, abbellendo quella creazione che assieme a loro "geme e soffre in attesa della redenzione" (Rm 8,22).

Sì, i monasteri sono chiamati oggi come sempre a essere spazi vitali dove regni la caritè, dove fiorisca l'annuncio della buona notizia della vita più forte della morte, dove ciascuno possa scoprire, secondo le parole del Salmo, "come è bello che i fratelli siano insieme".

 

 

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Le tappe della formazione

La dinamica della ricerca attesta che nessuno basta a sè stesso e che l'essere umano si realizza quando la propria persona è unita al Creatore. L'elezione divina è compiuta a motivo della missione affidata per il bene della Chiesa e la chiamata ha la promessa in sè della metanoia della persona; "non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio".

Nella nostra comunità, ogni sorella, dopo un periodo di 4 anni di prova (1 di aspirantato, 1 di postulantato, 2 di noviziato), emette la professione temporanea dei voti religiosi di povertà, castità e obbedienza. La povertà consente di sperimentare in modo tangibile l'essere creature fragili, bisognose di ricevere tutto dalle mani del Creatore, e in grado di condividere i propri beni (spirituali e materiali) con la comunità la castità dona l'unificazione interiore grazie alla quale aprirsi totalmente a Dio come UNUM NECESSARIUM; l'obbedienza elargisce l'essere persone cristiformi in grado di rinunciare alla propria volontà per aderire pienamente alla volontà del Padre.

Cristo, mediatore in questa distanza antropologica con il Creatore, è il paradigma di umanità che accompagna il percorso formativo segnato dalla continua tensione tra la debolezza umana e il nuovo taglio identitario associato alla logica del vangelo che coinvolge il percorso integrale della persona in tutta la sua verità storica, unica e irripetibile, affinchè sia aiutata a rivedersi e rielaborarsi alla luce della grazia ma non in modo disincarnato. Gesù, infatti, è la massima espressione di come l'amore divino sia stato autenticamente umano e pertanto il servizio formativo è vivo e vivificante solo se eleva l'umano al divino, solo se diviene capace di tracciare itinerari significativi colmi del buon profumo di Cristo.

 

 

 

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